Lavoro e previdenza / Introduzione alla “risoluzione consensuale” del rapporto di lavoro
Il rapporto di lavoro cessa notoriamente su decisione unilaterale di una delle parti contraenti (licenziamento del datore di lavoro o dimissioni del lavoratore), ma può cessare per l’effetto dell’espressione di un mutuo consenso con cui le due parti del rapporto convengano e sanciscano che è venuta meno la reciproca convenienza alla prosecuzione del rapporto contrattuale.
Tale cessazione del rapporto costituisce il tertium genus, meglio nota come “risoluzione consensuale” del rapporto.
L’istituto della cd. risoluzione consensuale consente alle parti che hanno posto in essere un contratto di lavoro di risolvere il rapporto per mutuo consenso, liberandosi dai vincoli precedentemente ratificati.
In particolare, tale situazione si realizza nel momento in cui il datore di lavoro ed il lavoratore di comune intento e reciprocamente, manifestano e comunicano, in modo chiaro e certo, la loro volontà di porre fine al rapporto di lavoro.
Tale modalità di risoluzione del rapporto di lavoro si segnala per il suo carattere facoltativo, negoziale e consensuale: entrambe le parti riconoscono che è venuta meno la reciproca convenienza alla prosecuzione del rapporto contrattuale e decidono di porre fine allo stesso.
Essa si distingue, pertanto, dalle dimissioni spontanee, in cui la volontà di recedere dal rapporto è unilaterale da parte del lavoratore, o dal licenziamento, nel quale l’interruzione deriva esclusivamente dalla volontà del datore di lavoro.
Alla stregua di quanto sopra, alla cessazione del rapporto per risoluzione consensuale non si applicano né le norme a tutela del lavoratore previste per i licenziamenti, né quelle previste per le dimissioni.
L’accordo di risoluzione consensuale è immediatamente efficace e pone termine al rapporto istantaneamente con decorrenza alla data concordata tra le parti e non vi è alcun obbligo del preavviso o di pagamento di correlate indennità sostitutive.
Non vi è, altresì, diritto di precedenza nelle riassunzioni presso la medesima azienda nei 6 mesi successivi la cessazione, in quanto trattasi di un istituto tipico delle cessazioni per licenziamento.
Seppur non vi sia l’obbligo della forma scritta, è buona norma, al fine di evitare controversie, formalizzare la risoluzione mediante la sottoscrizione di un accordo individuale, da siglarsi nella cd. sede protetta qualora esso contenga rinunce e transazioni.
Va detto infatti che, nella maggior parte dei casi, le risoluzioni consensuali sono “incentivate” da parte dell’azienda: il consenso espresso dal dipendente a rinunciare alla prosecuzione del rapporto di lavoro è, quindi, prestato dietro corresponsione di emolumenti a titolo di “incentivo all’esodo”.
Obblighi di comunicazione telematica.
Il Legislatore, al fine di combattere il fenomeno delle dimissioni cd. in bianco, oltre ad intervenire sulla disciplina delle dimissioni, ha modificato, dal 12 marzo 2016, anche le modalità di presentazione della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, prevedendo un’apposita procedura di convalida con modalità atte a garantire la genuinità della manifestazione della volontà del lavoratore.
in particolare, al fine di validare l’effettiva volontà del lavoratore a risolvere il rapporto, le risoluzioni consensuali devono essere trasmesse “telematicamente”, a pena di inefficacia, utilizzando specifici moduli previsti dal Ministero del lavoro.
L’invio telematico può essere curato direttamente dal lavoratore sul portale del Ministero o per il tramite di patronati, organizzazioni sindacali, consulenti del lavoro e presso le sedi territoriali dell’Ispettorato nazionale del lavoro, degli enti bilaterali e delle commissioni di certificazione.
In caso di ripensamento, entro 7 giorni dalla data di trasmissione del modulo, è sempre possibile revocare il recesso (le dimissioni o la risoluzione consensuale) con le medesime modalità.
Giova precisare che l’obbligo della procedura di trasmissione telematica (per le dimissioni come per la risoluzione consensuale) non si applica:
- nelle ipotesi previste dall’art. 55, co. 4, D. Lgs. n. 151/2001 (gravidanza, maternità e paternità);
- al lavoro domestico, ai rapporti di lavoro marittimo ed ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche;
- nel caso in cui la risoluzione consensuale intervenga in sede protetta (art. 2113, c. 4, c.c.) o avanti alle commissioni di certificazione (art. 76, D.lgs. n. 276/2003);
- in caso di recesso durante il periodo di prova.
Oltre a ciò, per quanto attiene agli adempimenti amministrativi che gravano in capo al datore di lavoro, questi è comunque tenuto a comunicare all’ANPAL la cessazione del rapporto di lavoro, anche nella forma della risoluzione consensuale, entro i 5 giorni successivi dalla data di cessazione del rapporto.
Tale comunicazione obbligatoria per il datore di lavoro rimarrà tuttavia inefficace se non è stata preceduta dalla trasmissione telematica obbligatoria della comunicazione di cessazione del rapporto da parte del lavoratore.
Obblighi di convalida.
Sono soggette a convalida obbligatoria presso l’Ispettorato del lavoro e non alla semplice presentazione telematica, le risoluzioni consensuali presentate:
- dalla lavoratrice durante il periodo di gravidanza;
- dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi 3 mesi di vita del bambino;
- dalla lavoratrice o dal lavoratore nei primi 3 anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento.
L’efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro è condizionata a tale convalida obbligatoria.
Si rammenta anche che, a seguito delle misure di contenimento del contagio da COVID-2019 ed al fine di consentire la convalida a distanza delle risoluzioni consensuali effettuate da lavoratrici madri e lavoratori padri, l’Ispettorato del Lavoro ha predisposto una nuova modulistica utilizzabile solo per la dura del periodo emergenziale.
In questa fase, infatti, il colloquio diretto con il funzionario dell’INL è sostituito da una dichiarazione resa mediante la compilazione e sottoscrizione di tale modulo che deve essere trasmesso al competente Ufficio mediante posta elettronica, unitamente alla copia del documento di riconoscimento e della lettera di dimissioni/risoluzione consensuale datata e firmata.
Preme rammentare anche che la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro della lavoratrice in conseguenza del matrimonio è soggetta ad obbligo di convalida che, però, in questo caso si aggiunge al necessario espletamento della procedura di trasmissione telematica.
Va da sé che le risoluzioni consensuali intervenute nel periodo intercorrente dal giorno della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio ad un anno dopo la celebrazione delle nozze sono nulle, salvo che sia confermate dalla lavoratrice presso l’Ispettorato territoriale del lavoro entro un mese.
La nullità della risoluzione comporta la permanenza del rapporto di lavoro e il diritto della lavoratrice di richiedere in ogni momento la riammissione in servizio.