Lavoro e previdenza / NASpI: sostegno alla disoccupazione ed incentivo all’autoimprenditorialità, tra ricerca di nuova occupazione ed incentivo al lavoro autonomo.
Il D.Lgs. n. 22/2015 ha introdotto la cd. Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego – NASpI operativa per gli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1 maggio 2015, con la finalità di introdurre un sussidio a favore del lavoratore per far fronte allo stato di disoccupazione involontaria. Di tale contributo possono usufruire tutti i lavoratori dipendenti, inclusi apprendisti e soci lavoratori di cooperativa che abbiano stabilito un rapporto di lavoro subordinato, con esclusione degli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato per i quali l’ordinamento prevede invece una disciplina specifica.
Per poter avere diritto al godimento della NASpI, devono ricorrere congiuntamente due requisiti:
- a) oggettivo:il lavoratore deve aver perduto involontariamente la propria occupazione (vi rientrano anche le ipotesi di dimissioni per giusta causa; dimissioni avvenute durante la fruizione del congedo per maternità, risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta nell’ambito della procedura di conciliazione ex art. 7 L. n. 604/1966, licenziamento per motivi disciplinari, conciliazione volontaria agevolata ex art. 6 D.lgs n. 23/2015, fino all’ipotesi di cessazione del rapporto a seguito di procedura di liquidazione giudiziale), e quindi trovarsi in stato di disoccupazione;
- b) contributivo, avere almeno tredici settimane di contribuzione da far valere nei quattro anni che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione, così come previsto nella Circolare Inps n. 142/2015.
L’art. 8 del suddetto D.Lgs. prevede e disciplina anche la diversa ipotesi in cui il lavoratore titolare della prestazione possa richiedere la liquidazione anticipata dell’importo complessivo del trattamento spettante che non gli sia stato ancora erogato al fine di avviare un’attività di lavoro autonomo o in forma individuale o per la sottoscrizione di una quota di capitale sociale di una cooperativa, nella quale il rapporto mutualistico abbia ad oggetto la prestazione di attività lavorative da parte del socio.
In questa ipotesi, la NASpI, anziché svolgere la mera funzione di sussidio, si trasforma in un vero e proprio incentivo all’autoimprenditorialità. La domanda va presentata a pena di decadenza entro trenta giorni dall’inizio della attività.
Sempre l’art. 8, al comma 4, stabilisce che, nel caso in cui il lavoratore contragga un rapporto di lavoro subordinato durante il periodo di copertura della NASpI sarà tenuto a restituire l’intera somma corrisposta a titolo di NASpI anticipatoria, salvo il caso in cui il rapporto di lavoro subordinato sia instaurato con la cooperativa sociale di cui abbia sottoscritto una quota di capitale sociale.
La ratio di quest’ultima disposizione, dal contenuto letterale apparentemente chiaro, se da un lato è volta ad evitare comportamenti antielusivi e frodatori da parte del percipiente, dall’altro lascia poco spazio per una diversa interpretazione al fine dell’applicazione alla fattispecie concreta ed è stata oggetto più volte di attenzione da parte della Corte costituzionale a seguito dei rinvii per questioni di legittimità costituzionale da parte dei giudici di merito.
A tale proposito si segnala la sentenza n. 194/2021 della Corte costituzionale, riguardante la fattispecie di un lavoratore che era stato assunto come lavoratore subordinato per pochi mesi. Il Giudice remittente (Tribunale di Torino) aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale per contrasto: con l’art. 3, primo comma della Cost. e con il principio di razionalità, laddove era stata pretesa la restituzione integrale dell’importo ricevuto a fronte di un rapporto di lavoro subordinato di pochi mesi e tale da non compromettere la ratio della disposizione.
In questo caso, la Corte, ribadendo la “funzione promozionale” della NASpI anticipatoria, con l’obiettivo di favorire ed incentivare il lavoratore nel reimpiego in una attività lavorativa diversa da quella subordinata, volta pertanto a convertire i lavoratori subordinati in imprenditori, per creare a loro volta nuovi posti di lavoro, decomprimendo il mercato, sottolinea come la restituzione integrale della NASpI, non abbia carattere sanzionatorio, bensì “… natura di indice rivelatore della mancata effettività e autenticità di una attività lavorativa autonoma e di impresa, che giustifica la corresponsione del contributo in un’unica soluzione”, tale cioè da non lasciare all’Ente previdenziale alcun margine di discrezionalità.
Dall’altro lato, la Corte non rilevava violazione al principio di razionalità nella restituzione integrale dell’incentivo, in quanto la sua applicazione risulta limitata al solo caso del lavoratore che, durante la copertura NASpI, accetti un rapporto di lavoro subordinato evidenziando però “come la disciplina de qua potrebbe prestarsi a soluzioni più flessibili, la cui individuazione rientra nel campo della discrezionalità lasciata al legislatore”.
Proprio in relazione alla assenza di flessibilità di interpretazione della disposizione di cui all’art. 8, comma 4 del D.Lgs. n. 22/2015, appare degna di nota l’ultima pronuncia della Corte costituzionale, n. 90 del 20 maggio 2024. Il caso concreto riguardava un soggetto che, a seguito della percezione della NASpI anticipata, aveva aperto un’attività di ristorazione per poi trovarsi costretto a chiuderla prima del termine dei due anni di copertura NASpI. Lo stesso agiva in giudizio per impugnare il provvedimento restitutorio dell’Inps riguardante l’intera somma anticipata, deducendo che la chiusura anticipata dell’attività autonoma era stata causata dalle restrizioni COVID, ossia per cause a lui non imputabili. Il Tribunale di Lecce, investito del caso, sollevava questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 4 del D.Lgs. n. 22/2015 nella parte in cui prevede, prescindendo da ogni possibilità di valutare il caso concreto, l’obbligo di restituire l’intera anticipazione NASpI, se il beneficiario stipuli un contratto di lavoro subordinato entro il termine di scadenza del periodo per cui l’indennità è riconosciuta.
La Corte, in questo caso, ha ritenuto fondata la questione sollevata perché, a fronte dell’assenza di una concreta valutazione delle motivazioni della cessazione dell’attività autonoma, la norma è da ritenersi lesiva del principio di proporzionalità e ragionevolezza. Invero, secondo la Consulta, se l’attività imprenditoriale è stata effettivamente avviata ed esercitata per un periodo significativo, la finalità antielusiva della norma è da ritenersi soddisfatta.
Pertanto, se il percettore dell’indennità (anche se di incentivo all’autoimprenditorialità) si trova nell’impossibilità di continuare l’attività imprenditoriale per motivi a lui non imputabili, la restituzione della NASpI deve essere proporzionale rispetto alla durata del nuovo lavoro subordinato, poiché solo per quel periodo può considerasi l’indennità di disoccupazione priva di causa.
Diversamente, evidenzia la Corte, se il fallimento dell’attività imprenditoriale è collegabile al mero rischio di impresa, il percettore continua ad essere obbligato alla restituzione totale dell’indennità percepita.