Lavoro e previdenza / Buste paga ed insinuazione allo stato passivo fallimentare
Il prospetto paga (o cedolino) emesso dal datore di lavoro, se recante firma o sigla o timbro di quest’ultimo, fa piena prova del credito del lavoratore di cui si chiede l’insinuazione al passivo fallimentare.
Di contro, al curatore rimane la facoltà di contestare le risultanze delle buste paga con altri mezzi di prova ovvero con specifiche deduzioni e argomentazioni volte a dimostrarne l’erroneità, la cui valutazione finale è rimessa al prudente apprezzamento del giudice.
Tutto questo perché il valore probatorio dei prospetti paga discende dal fatto che il contenuto degli stessi è obbligatorio e sanzionato in via amministrativa e, per ciò solo, è sufficiente a provare il credito maturato dal lavoratore.
Tali principi, da ultimo, sono stati ribaditi da Cass. ord. 27 maggio 2022, n. 17312, a conferma di un orientamento pluri-consolidato (cfr. anche Cass. civ., 19 gennaio 2022, n. 1649; Cass. civ. sez. lav., 7 gennaio 2021, n. 74; Cass. civ., 11 dicembre 2019, n. 32395).
Nella predetta ord. n. 17312/22 la questione era stata posta da una lavoratrice che aveva presentato istanza di insinuazione al passivo del fallimento del proprio datore di lavoro, chiedendo l’ammissione, in via privilegiata, di crediti di lavoro a titolo di ferie non godute, indennità di mancato preavviso, ratei relativi alle mensilità aggiuntive e di T.F.R. ma che aveva ricevuto il diniego all’ammissione da parte del giudice delegato.
Il problema posto all’attenzione del giudice di legittimità riguardava la prova del credito vantato dal lavoratore dipendente dell’impresa fallita.
Come è noto, in sede di formazione dello stato passivo, le buste paga allegate dal creditore alla propria istanza di insinuazione dimostrano l’esistenza del credito fatto valere.
La Corte di Cassazione ha dato continuità all’indirizzo sopra richiamato ed ha rilevato il valore probatorio dei prospetti paga prodotti in atti dalla lavoratrice, anche in considerazione del fatto che la procedura fallimentare non aveva in alcun modo contestato l’asserita erroneità dei dati in esse contenuti.
Tuttavia, nella prassi è frequente che il creditore non chieda semplicemente l’ammissione al passivo per la mancata corresponsione di spettanze retributive attestate dai cedolini paga, ma anche il riconoscimento di differenze retributive derivanti da altre rivendicazioni, come può essere l’adibizione a mansioni superiori. In detta ipotesi, poiché l’istanza proposta non troverà accoglimento per difetto degli elementi costitutivi del credito fatto valere, lo strumento per ottenere il riconoscimento della domanda proposta da parte del lavoratore romane quello dell’opposizione allo stato passivo.
Giova precisare che una simile procedura si configura come un vero e proprio giudizio ordinario di cognizione in cui trovano applicazione le regole generali in tema di onere della prova. Per l’effetto, l’opponente sarà tenuto a fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto di credito; all’opposto, sulla curatela graverà l’onere di dimostrare l’esistenza di fatti modificativi, impeditivi o estintivi dell’obbligazione (Cass. civ. sez. lav., 3 marzo 2021, n. 5847).
Pertanto, con riguardo alle differenze retributive rivendicate, sarà onere del lavoratore provare in maniera certa ed inequivoca l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato con la società fallita e lo svolgimento del suddetto rapporto secondo le modalità dedotte. La prova della prestazione lavorativa in concreto effettuata, della sua durata, nonché dell’effettivo impegno in termini di giorni e di ore non potrà essere fornita mediante la produzione delle buste paga, dal momento che le voci retributive richieste saranno ulteriori o diverse rispetto a quelle in esse indicate. Se questo è vero, ne deriva che l’onere probatorio può essere assolto mediante prova testimoniale o documentale (diversa dai prospetti paga), sempre che queste offrano elementi certi in ordine alla sussistenza dei fatti posti dall’opponente a fondamento della domanda. Naturalmente, il mancato raggiungimento della prova comporterà inevitabilmente il rigetto della domanda proposta.