Cassazione / Sulla natura dichiarativa della sentenza che accerta la nullità della clausola appositiva del termine al contratto di lavoro. Conseguenze
Di recente, la Cassazione si è espressa sulla natura rivestita dalla sentenza che statuisce la nullità della clausola appositiva del termine al contratto di lavoro, statuendone la natura dichiarativa e non costitutiva (Cass. Civ., Sez. Lav., 26 marzo 2019 n. 8385).
Ne discende che la conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato opera ex tunc a far data dalla illegittima stipulazione del contratto a termine e che, pertanto, l’indennità di cui all’articolo 32, comma 5, L. 183 del 2010 vale a ristorare per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, con riferimento al periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro.
In ragione della natura dichiarativa della sentenza in oggetto, posta la trasformazione con efficacia ex tunc e non costitutiva ex nunc del rapporto, nel caso specifico la Suprema Corte ha ritenuto che il licenziamento illegittimamente irrogato deve considerarsi intervenuto su un rapporto a tempo indeterminato, con applicazione dell’art. 18 L. 300/1970.
Pertanto, ha precisato la Corte, il danno forfetizzato dall’art. 32 co. 5 della legge n. 183 del 2010, di cui sopra, ha l’effetto di ristorare il periodo che va dalla scadenza del termine fino alla sentenza di nullità del termine stesso, mentre il licenziamento intervenuto deve essere considerato a tutti gli effetti di legge quale recesso da un rapporto a tempo indeterminato.
Il principio di diritto tratto dalla sentenza della Cassazione, Sez. Lav., n. 8385 del 2019 è pertanto il seguente: “In tema di contratti di lavoro a tempo determinato, la sentenza che accerta la nullità della clausola appositiva del termine e ordina la ricostituzione del rapporto illegittimamente interrotto, cui è connesso l’obbligo del datore di riammettere in servizio il lavoratore, ha natura dichiarativa e non costitutiva; ne consegue che la conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato opera con effetto “ex tunc” dalla illegittima stipulazione del contratto a termine (sicché non è configurabile un recesso datoriale intervenuto “ante tempus” in costanza di un rapporto di lavoro a tempo determinato), mentre l’indennità di cui all’art. 32, comma 5, della l. n. 183 del 2010 ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive, per il periodo fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro”.