Equo compenso per i professionisti
Primo argine di fronte alla vis contrattuale dei cd. committenti forti
Ad un anno circa dalla introduzione del cd. equo compenso dei professionisti – salutato anche in modo eccessivamente trionfalistico da alcune categorie di professionisti – è arrivato il momento per comprenderne meglio il significato e fare il punto sulla nuova misura.
L’art. 19 quaterdecies del Decreto Legge n. 148/2017 (convertito con legge n. 172/2017), intervenendo sull’art. 13 bis nell’ambito della Legge n. 247/2012, ha legiferato in materia di “equo compenso dei professionisti”, introducendo una autentica novità nel panorama della legislazione in materia ed invertendo, forse, una direttrice di marcia che durava da oltre dieci anni.
Inizialmente, secondo la prima stesura del decreto fiscale 2018, l’equo compenso era riservato solo agli avvocati che eseguono prestazioni per conto di banche, assicurazioni ed imprese.
In seguito, grazie alla approvazione di un emendamento all’art. 19 quaterdecies della legge n. 172/2017 di conversione del decreto, l’applicazione è stata estesa a tutti i professionisti (ovviamente, geometri inclusi), indipendentemente dal fatto che questi siano iscritti o meno ad un ordinamento professionale.
In concreto, il nuovo principio prevede che il compenso per le prestazioni professionali – rese a favore di imprese bancarie e assicurative, nonché di imprese non rientranti nelle categorie delle microimprese o delle piccole e medie imprese – con riferimento ai casi delle convenzioni unilateralmente predisposte dalle predette imprese, perché si possa definire “equo”, deve risultare proporzionato alla quantità ed alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto ed alle caratteristiche della prestazione del professionista e conforme ai parametri previsti per i compensi professionali.
Dunque, dalla normativa ora in vigore, si evince che l’equo compenso del professionista deve essere conforme ai parametri indicati dal Regolamento del Ministero della Giustizia – per quel che concerne le professioni legali – e dai Decreti Ministeriali adottati per le altre professioni.
Pertanto, con riguardo alla casistica sopra prevista (contratti standard con cd. clienti forti) non è più sufficiente che, nel determinare il compenso del professionista, si tenga conto dei parametri ministeriali ma è necessario che esso sia proprio “conforme” ai predetti parametri. In questo modo, vi è un sostanziale ritorno ai minimi tariffari, considerati questa volta legittimi e compatibili con la regolazione del mercato interno europeo anche sotto il profilo della concorrenza.
Viceversa, per tutto quanto non è stato esplicitamente modificato dalle nuove disposizioni in materia, il legislatore ha ritenuto opportuno che si applichino le disposizioni del codice civile.
Tutto ciò premesso, si comprende come la finalità della citata normativa sia quella di tutelare il professionista nel rapporto contrattuale con i cd. committenti forti, ossia: imprese bancarie, imprese assicurative, grandi imprese, impedendo che si verifichino squilibri tra diritti ed obblighi delle parti, sanzionando con la nullità l’accordo che preveda un compenso non equo per il professionista.
Restano invece esclusi tutti i cd. piccoli imprenditori, ossia le microimprese, le piccole e le medie imprese. Parimenti, figurano esclusi dall’ambito di operatività della norma gli agenti della riscossione.
La nuova disciplina precisa altresì che essa si applichi ai contratti sottoscritti con la Pubblica Amministrazione, ma esclusivamente per gli incarichi conferiti dopo l’entrata in vigore della Legge n. 172/2017.
Fermo quanto sopra, nell’ambito di una convenzione tra un professionista ed un committente (tra quelli su elencati) che assicuri correttamente il riconoscimento di un equo compenso, occorre che sussistano tutte le seguenti condizioni:
- la predisposizione da parte delle imprese di una convenzione unilaterale che disciplini l’attività resa dai professionisti (iscritti agli ordini e collegi) di cui all’art. 1 della legge n. 81/2017;
- la previsione di un equo compenso nell’ambito della convenzione stessa;
- l’individuazione in forma scritta degli elementi essenziali del contratto;
- l’esecuzione della prestazione da parte del professionista;
- il pagamento della prestazione svolta dal professionista;
- la possibilità di proporre azione di nullità della clausola che non preveda un compenso equo e delle eventuali clausole vessatorie;
- la possibilità per il Giudice di dichiarare la nullità delle clausole vessatorie e rideterminare il compenso.
Per concludere, secondo quanto previsto dalla nuova normativa, vengono considerate “vessatorie” le clausole, contenute nelle convenzioni in oggetto, che determinano, anche in ragione della non equità del compenso pattuito, un significativo squilibrio contrattuale a carico del professionista.
In particolare, il comma 5 dell’art. 13-bis della L. n. 247/2012 prevede che si considerano vessatorie le clausole che consistono:
- nella riserva al cliente della facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto;
- nell’attribuzione al cliente della facoltà di rifiutare la stipulazione in forma scritta degli elementi essenziali del contratto;
- nell’attribuzione al cliente della facoltà di pretendere prestazioni aggiuntive che l’avvocato deve eseguire a titolo gratuito;
- nell’anticipazione delle spese della controversia a carico del professionista;
- nella previsione di clausole che impongono al professionista la rinuncia al rimborso delle spese direttamente connesse alla prestazione dell’attività professionale oggetto della convenzione;
- nella previsione di termini di pagamento superiori a 60 giorni dalla data di ricevimento da parte del cliente della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente;
- nella previsione che, in ipotesi di liquidazione delle spese di lite in favore del cliente, al professionista sia riconosciuto solo il minore importo previsto nella convenzione, anche nel caso in cui le spese liquidate siano state interamente o parzialmente corrisposte o recuperate dalla parte;
- nella previsione che, in ipotesi di nuova convenzione sostitutiva di altra precedentemente stipulata con il medesimo cliente, la nuova disciplina sui compensi si applichi, se comporta compensi inferiori a quelli previsti nella precedente convenzione, anche agli incarichi pendenti, o comunque, non ancora definiti o fatturati;
- nella previsione che il compenso pattuito per l’assistenza e la consulenza in materia contrattuale spetti soltanto in caso di sottoscrizione del contratto.
Al comma 8 dell’art. 13-bis viene previsto che le clausole definite quali vessatorie sono colpite dalla sanzione della nullità e viene al contempo precisato che il contratto resta valido per il residuo. Inoltre, la nullità opera soltanto a vantaggio del professionista.
Pertanto, ben si evince che la nullità è soltanto parziale poiché, in base a quanto previsto dalla norma, il restante contratto rimane valido e tutela comunque il professionista, rendendo nulla e inefficace soltanto la clausola contra legem.
Il professionista, in tal modo, che abbia fornito la propria prestazione alla grande impresa sulla base di una convenzione con clausole vessatorie potrà fare ricorso al giudice per accertare l’illegittimità della pattuizione.
L’azione diretta alla dichiarazione della nullità di una o più clausole del contratto può essere proposta nei termini della prescrizione prevista dalla legge.
Il giudice, una volta accertata la non equità del compenso o la vessatorietà di una o più clausole, dovrà procedere con la dichiarazione di nullità e per l’effetto con la rideterminazione del compenso del professionista, il quale deve essere equo e deve attenersi ai parametri previsti dai decreti ministeriali adottati per le varie professioni.
In definitiva, non è chi non veda come la normativa in esame comporti una sorta di reintroduzione dei cd. minimi tariffari, ovviamente con riferimento alle mere ipotesi previste nella norma (contratti con i committenti forti), ed è dunque fondata, in primo luogo, sull’esigenza di fornire una tutela ai giovani professionisti che molto spesso si vedono oggetto di condotte poco corrette da parte dei cd. clienti forti i quali, in assenza di vincoli normativi, disponevano di un potere contrattuale tale da essere in grado di determinare compensi gravemente incongrui per i professionisti stessi. Ora, un argine è stato posto. Sta ai professionisti cercare di farlo valere.