Fondo di indennizzo e fondo di garanzia per i consumatori… L’America non è più così lontana
Anni duri quelli appena trascorsi per i consumatori italiani: repentinamente si sono abbattuti su di essi default, crack, scandali, casi di corruzione e clamorose speculazioni finanziarie che hanno avuto epiloghi a volte sconcertanti. I mass media hanno giustamente indugiato sul tema, attirando grande attenzione e puntando il dito sui colossi della finanza, sottolineando, spesso, il “dramma di un investimento sbagliato”.
Sull’onda dello scandalo, la politica non ha trascurato di avanzare proposte a tutela dei consumatori frodati ma, come spesso capita, quando il fine è solo il risultato elettorale, il prodotto finale è insufficiente ed incompleto.
Il riferimento è al “Fondo per l’indennizzo dei risparmiatori vittime di frodi finanziarie”[1], introdotto con la Finanziaria del 2006 (L. n. 26/05).
Il nostro paese – così anche in altre realtà europee ed americane – non è nuovo ad iniziative e strumenti di tutela simili: ben noti sono il “Fondo di garanzia per le vittime della strada”, il “Fondo di garanzia per le vittime dell’usura”, il “Fondo di garanzia per le vittime della mafia”, etc. Si tratta di iniziative mirate, le quali trovano il loro significato nella esigenza di pubblica solidarietà che determinate categorie di soggetti, spesso anche in specifiche situazioni di luogo e di tempo, necessitano, anzi reclamano.
Quella riservata alla categoria dei consumatori “frodati” da frodi finanziarie è, invece, un’iniziativa che apre varchi molto ampi e discutibili proprio in termini di politica sociale.
Il principio ispiratore è quello del no-fault, finalizzato ad indennizzare (n.b. non a risarcire) il maggior numero di danneggiati anche prima che la prova della responsabilità del danneggiante sia stata raggiunta; ciò può rispondere a diverse esigenze, anche di natura tecnico-organizzativa. Innanzitutto, si è cercato di offrire ai consumatori una via alternativa, anche se non esclusiva né preclusiva, proprio perché spesso è l’accesso alla giustizia ad essere difficile o comunque più dispendioso rispetto a quello che costituisce il pregiudizio subito.
Su tale scia, anche i sindacati avevano avanzato proposte tese a facilitare l’accesso alla giustizia prevedendo, ad esempio, l’esenzione dal pagamento del contributo unificato per le controversie relative alle frodi in materia consumeristica, sgravi fiscali per le banche che decidessero di conciliare, nonché prolungamento del periodo di rientro dalle minusvalenze derivanti dalla perdita di valore dei titoli emessi da soggetti caduti in default[2].
Ma a chi giova l’iniziativa? Certamente ai “risparmiatori che, investendo sul mercato finanziario, sono rimasti vittime di frodi finanziarie”[3], con specifico allargamento della tutela ai proprietari dei bond argentini caduti in default; a prima vista una schiera abbastanza nutrita, ma che subisce una scrematura se pensiamo a tutti coloro che, volenti o nolenti, hanno accettato la proposta transattiva della Repubblica argentina scambiando i titoli defaulted con titoli aventi scadenza media decennale! Altra fonte di dubbio è la concorrenza e l’armonizzazione del “Fondo di indennizzo” con il “Fondo di garanzia” previsto dal generale riordino del settore bancario e creditizio operato alla fine del 2005: mentre il primo risponde, come detto, alla logica del no-fault, il secondo costituisce il tradizionale corollario all’esperimento di una class action, che però nel nostro ordinamento sembra essere tramontata definitivamente, almeno nel senso americano del termine.
Le peculiarità dei due Fondi evidenziano soprattutto differenze che altro non faranno se non ingenerare una sovrapposizione di iniziative ed una disparità di trattamento per i consumatori. Infatti, il “Fondo di indennizzo” è finanziato dagli importi dei depositi e conti correnti dormienti del comparto bancario, assicurativo e creditizio, mentre il “Fondo di garanzia” solo dalle somme versate a titolo di risarcimento e restituzioni dai soggetti ed enti responsabili in forza di una sentenza definitiva, con possibilità di surroga da parte della Consob, rafforzando anche la finalità educativa e moralizzatrice del settore finanziario.
Il “Fondo di indennizzo” presuppone semplicemente una frode finanziaria, nemmeno accertata, mentre l’operatività del “Fondo di garanzia” è subordinata ad un accertamento giudiziale definitivo ed irrevocabile sulla responsabilità di chi poi sarà chiamato a risarcire. E’ proprio per questo che la disciplina generica fissata dalla legge finanziaria dovrà subire una specificazione efficace in sede regolamentare, per non vanificare un buon proposito con una legislazione confusa ed iniqua.
Infatti, mentre il Fondo di garanzia è definito con una certa esaustività nella legge sul risparmio, il Fondo di indennizzo trova in essa una disciplina soltanto generica che, al fine di garantire una concreta tutela al consumatore-risparmiatore, necessità di un intervento regolatore e chiarificatore da parte del Governo[4].
Il primo punto fondamentale da chiarire è la tipologia di soggetti che potranno usufruire del Fondo. Tale necessità discende dal fatto che l’indennizzo potrà essere erogato a prescindere dall’accertamento della responsabilità civile del danneggiante.
In secondo luogo, occorrerà definire i limiti temporali della operatività del Fondo, cioè bisognerà stabilire se esso dovrà porsi a garanzia di tutti i danni discendenti da un determinato fatto oppure di tutte le conseguenze di una determinata attività. La definizione temporale in oggetto sarà un presupposto indispensabile per garantire la finanziabilità del fondo.
Benché il Fondo di indennizzo, così come disegnato dalla legge finanziaria, si riferisca sia ai risparmiatori danneggiati dalle frodi finanziarie sia ai risparmiatori, specificamente danneggiati dal default dei Tango Bond, una regolamentazione temporale del medesimo pare indispensabile.
Altra problematica, da chiarirsi con l’auspicabile intervento governativo, riguarda il tipo di prova che il risparmiatore dovrà fornire per essere ammesso ad usufruire del Fondo di indennizzo. Come prova non potrà, peraltro, essere richiesta una sentenza passata in giudicato, altrimenti il Fondo di indennizzo diventerebbe un inutile doppione del Fondo di garanzia.
Ulteriore questione è stabilire quale tipologia di danno il fondo sarà tenuto ad indennizzare.
Infatti, mentre non sembrano esserci problemi per quanto riguarda l’indennizzabilità del danno patrimoniale, ben più complessa è la copertura del danno non patrimoniale (danno morale, esistenziale, ecc), del quale ultimo, oltre tutto, spesso è difficilissimo fornire la prova anche in sede giudiziaria.
Infine, resta da disciplinare con attenzione la modalità di finanziamento del Fondo stesso.
Per tale finanziamento la legge finanziaria, come si è detto, ha optato per l’impiego dei conti correnti cd. dormienti. Questa tipologia di finanziamento, seppur innovativa, deve contemperare l’esigenza di reperire con celerità denaro sufficiente alla funzionalità del Fondo e, al contempo, l’esigenza sacrosanta di garantire i depositi bancari dei privati cittadini.
Per concludere, la scelta compiuta dal legislatore italiano, il quale ha evitato di effettuare una riforma processuale sul modello della Class Action, non necessariamente produrrà risultati meno incisivi sotto il profilo della tutela del risparmiatore, qualora il regolamento di emanazione governativa intervenga celermente ed esaustivamente.
[1] Elisabetta Bellini, Il fondo per l’indennizzo dei risparmiatori vittime di frodi finanziarie, in Danno e responsabilità n. 10 del 2006, pp. 931 ss.
[2] “Indennizzi per i risparmiatori vittime di frodi finanziarie: occhio alle false promesse della Finanziaria 2006”, in www.cgil.it
[3] Legge n. 26 del 2005, commi 343 e 345
[4] Si veda ampiamente sul punto, di Elisabetta Bellini, Il fondo per l’indennizzo dei risparmiatori vittime di frodi finanziarie, op. cit.