Compenso del geometra: istruzioni per gli addetti ai lavori
Dalla Tariffa alla sua abrogazione.
Storia di una liberalizzazione che ha ingenerato più confusione che concorrenza.
In base all’art. 2233, co. 1 c.c., anche per il geometra, come per gli altri professionisti, il criterio principale per la determinazione del compenso è l’accordo tra il cliente e il professionista. Tuttavia, va detto da subito che il comma 2 della medesima disposizione codicistica impone che la misura del compenso non sia del tutto libera ma debba comunque essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione.
Era proprio l’esigenza di tutelare quest’ultimo principio a giustificare il carattere obbligatorio della Tariffa professionale (la Tariffa dei geometri era prevista dal testo unico di cui alla Legge n. 144 del 2 marzo 1949 e successive modifiche e integrazioni). Quest’ultima non impediva che il compenso poteva essere pattuito tra committente e libero professionista, ma integrava un riferimento insostituibile per tutti i casi, molto frequenti nella prassi, in cui il mandato professionale fosse stato conferito senza una previa intesa tra le parti sull’ammontare del compenso e costituiva, dunque, una garanzia significativa vuoi per il committente contro eventuali pretese irragionevoli del geometra, vuoi per il professionista avverso la eventuale ed infondata contestazione del committente rispetto al compenso dovuto.
Fino alla cd. riforma Bersani non era possibile pattuire un compenso che non tenesse nel debito conto la suddetta Tariffa, stante l’impossibilità di scendere sotto i minimi previsti dall’art. 5 del d.m. 25 marzo 1966.
Viceversa, il d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito nella legge 248/2006, dovuta ad iniziativa dell’allora Ministro Bersani, provvide ad abrogare in via generale le disposizioni di legge e regolamentari che prevedevano l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime nonché il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti.
L’intervento legislativo in parola non operò la mera abolizione della tariffa, avendo anzi specificamente previsto che la liquidazione giudiziale delle parcelle avvenisse sulla base della tariffa professionale, con riguardo sia ai minimi che ai massimi.
Viceversa, fu resa possibile la pattuizione tra geometra e cliente del compenso professionale anche al di sotto dei minimi tariffari, pattuizione che prima era sanzionata con la nullità.
In mancanza di specifico accordo sul punto, continuava quindi ad applicarsi la tariffa, anche per quanto riguardava i minimi.
È importante ricordare come questo tipo di accordi dovevano essere redatti per iscritto a pena di inefficacia.
Occorre poi sottolineare come il cd. decreto Bersani abbia abrogato le disposizioni legislative e regolamentari che prevedevano il divieto, anche parziale, di svolgere attività informativa circa i titoli professionali e i servizi offerti, aprendo altresì alla costituzione in forma societaria di studi professionali interdisciplinari.
Come si legge anche nella Circolare – datata 4 febbraio 2008, prot. n. 907 – del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati, la ratio della riforma è stata quella di assicurare ai committenti un’effettiva facoltà di scelta nell’esercizio dei propri diritti di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato e relativi compensi.
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Il D.L. n. 1 del 24 gennaio 2012 convertito, con modificazioni, in legge n. 27 del 24 marzo 2012, reca una serie di norme volte a liberalizzare le professioni regolamentate.
In particolare, l’art. 9 co. 1 del D.L. n. 1/2012 dispone testualmente che: “Sono abrogate le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico”.
Il dictum della norma è dunque rivolto ad eliminare del tutto le tariffe professionali ed ogni disposizione ad esse rinviante. Attualmente, pertanto, il compenso del professionista andrà pattuito con il cliente sulla base, laddove richiesto, di un preventivo, definito dalla legge stessa, di massima.
Tale preventivo, tuttavia, dovrà indicare tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi, prestazione per prestazione, ferma l’esigenza che la misura del compenso sia adeguata all’importanza dell’opera.
Il comma 4 della norma in esame, infatti, sancisce espressamente che:
“Il compenso per le prestazioni professionali è pattuito, nelle forme previste dall’ordinamento, al momento del conferimento dell’incarico professionale. Il professionista deve rendere noto al cliente il grado di complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento fino alla conclusione dell’incarico e deve altresì indicare i dati della polizza assicurativa per i danni provocati nell’esercizio dell’attività professionale. In ogni caso la misura del compenso è previamente resa nota al cliente con un preventivo di massima, deve essere adeguata all’importanza dell’opera e va pattuita indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi”.
Il “preventivo del professionista”, nell’ultima riforma, ha assunto un rilievo ed un’attenzione particolare. Pertanto, andrà trattato dal professionista con altrettante attenzioni.
È certamente vero che, a volte, è impossibile e/o molto difficoltoso per il professionista procedere ad una previsione di spesa che non sia sommaria ed imprecisa, visto che la stima di tali valori dipende da eventi futuri non nel controllo iniziale del professionista.
Tuttavia, per assolvere a quanto richiesto dalla legge, ci si può ispirare ai principi informatori delle “vecchie” tariffe professionali che si caratterizzavano per la loro analiticità e per un tendenziale scollegamento rispetto al costo, al rischio, al valore aggiunto per il cliente e tendevano a far riferimento al valore della pratica in sé, oltre a consentire di aggiungere varie indennità.
Oggi, viceversa, è possibile adottare parametri “innovativi” più legati al tempo, al costo ed al successo dell’operazione che, di converso, appaiono più liberi ma anche più fumosi e, quindi, suscettibili di far sorgere dubbi e contestazioni nei committenti.
Ciò detto, si rammenti che il preventivo, giuridicamente, costituisce una promessa unilaterale di eseguire un contratto d’opera intellettuale alle condizioni ivi dedotte.
Pertanto, è opportuno che vi siano pattuite più cautele possibili, quali ad esempio, stabilire una durata di validità del preventivo, le condizioni al verificarsi delle quali il documento deve essere aggiornato, quali fasi di lavorazione esso comprende e quali no.
Possono essere stabilite eventuali prestazioni escluse, i livelli di servizio concordati e la collaborazione richiesta al cliente, così come è assolutamente necessario che siano indicate le condizioni e le modalità di pagamento del corrispettivo.
Il Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati, nella Circolare del 31 agosto 2012 prot. n. 8897, ha redatto e pubblicizzato uno “schema-tipo” di scrittura privata per il conferimento di incarico / preventivo di spesa, contenente un esempio di modalità di disciplina della pattuizione del compenso.
A tale proposito, si richiama anche il modello di preventivo / incarico che il Collegio di Roma ha ritenuto di elaborare e di proporre ai suoi iscritti, inserendolo on-line sul proprio sito.
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Infine, pur non essendo espressamente precisato dalla nuova norma, permane per gli Ordini professionali la possibilità di sindacare il comportamento del professionista ogni volta che il compenso indicato nel preventivo di massima non sia adeguato all’importanza dell’opera.
Se, ad esempio, un professionista elabora un preventivo corretto, lo comunica al cliente e poi accetta un compenso inferiore al preventivo stesso, deve poter motivare, qualora l’Ordine professionale lo richieda, il motivo di tale suo comportamento. Se non adduce motivi convincenti, il professionista può subire sanzioni disciplinari per comportamento deontologicamente scorretto, in quanto un compenso immotivatamente esiguo svilisce la professione e genera concorrenza sleale rispetto ad altri professionisti, oltre che confusione tra il pubblico dei committenti.